Il popolo e’ una merda (come e perche’)

Mi e’ stato contestato il tag dello scorso post, “il popolo e’ una merda”. Chi me lo contesta afferma che se il popolo “avesse potere” sarebbe tutto migliore e finirebbero certi sprechi etc etc. Invece no, e non solo: moltissime delle problematiche odierne sono il prodotto di decisioni prese dal popolo, e non mediante il voto ma mediante decisioni vere e proprie, che sono diventate effettive perche’ quella merda che e’ il popolo ha TROPPO potere, e nessuna coscienza di se’. Faccio un esempio.

 

Tutti voi andate raccontando che le delocalizzazioni in Cina siano una decisione “della finanza” e “degli industriali”. Ora, se consideriamo solo il movente -manodopera a basso costo- sembra che le cose vadano cosi’. Ma il movente non basta: il fatto che ad un contadino faccia comodo la pioggia non dimostra che siano i contadini a far piovere.

Per capire come siano andate le cose c’e’ un solo modo di procedere: capire come siano andate le cose.

 

Allora, ad un certo punto la famiglia italiana decide che i propri figlioli NON debbano piu’ lavorare in fabbrica. O meglio: decidono che OGNI VOLTA POSSIBILE i loro figli devono prendere una laurea e fare un lavoro di concetto. Il modo di procedere e’ questo: se il ragazzo (o la ragazza) e’ un lavativo, uno stupido o uno che non impara , cioe’ rimane ignorante, allora “lo mando a lavorare”. Nel caso invece sia leggermente piu’ intelligente di una scimmia e riesca in un qualsiasi percorso scolastico, il suo destino e’ di divenire un dottore.

 

Negli ultimi tre decenni,  CHIUNQUE sia stato leggermente piu’ intelligente di una scimmia e’ stato infilato in un liceo , e poi all’universita’. Anche coloro che facevano scuole come l’ ITIS, qualora superassero il minimo facevano domanda per le forze dell’ordine, oltre il mediocre andavano all’universita’, e solo dal minimo al mediocre -se non vuole studiare che vada a lavorare- decretava il pater familias.

 

La logica “se non gli piace la scuola o non va bene a scuola o non ce la fa a scuola vada a lavorare , ALTRIMENTI NO”  . Adesso vediamola dall’altra parte della barricata, cioe’ dal lato degli industriali: quei pochi che vogliono innovare hanno bisogno di manodopera sempre piu’ qualificata: non ingegneri, ma quello che io definirei “perito+”, cioe’ un perito che ha ancora voglia di studiare e di migliorare non tanto sul piano teorico, ma su quello realizzativo.

 

Ma quando il nostro industriale mette un annuncio per trovare operai, in coda si trova tutto coloro che “sono andati a lavorare perche’ AVEVANO FALLITO OGNI POSSIBILE PERCORSO SCOLASTICO“. Chi sono questi ragazzi? Lavativi, ignoranti ed imbecilli, cioe’ quelli che non avevano voglia di studiare, che non riuscivano ad imparare o che erano troppo stupidi per farlo. Adesso vi faccio una domanda: secondo voi, l’industriale AVEVA SCELTA?

 

Signori, gli industriali che delocalizzano hanno delocalizzato in Cina, ma se non ci fosse stata la Cina sarebbero andati in Germania, dove per fare l’universita’ occorre il Gymnasium, e tutti gli altri si fermano e vanno a lavorare -dopo aver studiato-.

 

E se oggi gli industriali decidessero di tornare, non POTREBBERO: avrebbero bisogno di una manodopera qualificata che NON ESISTE PIU’, perche’ il laureato non e’ manodopera utilizzabile in fabbrica, mentre chi ha lasciato la scuola prima e’ una capra a cui NESSUNO darebbe in mano 200.000 euro di attrezzature.

 

E cosi’, torniamo al punto di partenza: SIETE PROPRIO CERTI CHE LE DELOCALIZZAZIONI SIANO STATE UNA DECISIONE DEGLI INDUSTRIALI, E NON UN ADATTAMENTO AD UNA VOSTRA DECISIONE?

 

Facciamo un secondo esempio. Se cercate lavoro attorno a casa, e non siete disposti a muovervi, avete un raggio di azione di circa 50-60 km. Dopodiche’, difficilmente potrete fare i pendolari. Quanto crescono le probabilita’ di trovare lavoro se siete disposti a muovervi?

 

Beh, se supponiamo che il lavoro sia distribuito sulla superficie del paese , e calcoliamo un valore medio di imprese per km2, la vostra opportunita’  cresce col QUADRATO della distanza che siete disposti a percorrere per inseguire il lavoro stesso. E’ per questo che gli emigrati sembrano cosi’ riusciti e fortunati: se passiamo da 50 km a 1000, con un rapporto lineare di 20, abbiamo 400 volte la possibilita’  trovare il lavoro che volevano nel raggio di 1000km, rispetto a quella che abbiamo nel raggio di 50km.

 

Ma anche andando al doppio, per dire, non si scherza: se pensiamo a 50 km di un pendolare, e raddoppiamo a 100km, siamo a 4 volte le probabilita’ di trovare il lavoro che vogliamo. Se passiamo a 150km, siamo a nove volte. Morale: la mobilita’ di breve e medio termine e’ fondamentale. Quando mio padre lavorava nel suo zuccherificio ferrarese, c’erano molti veneti rodigini , i soliti meridionali, e molti del vignolese e della montagna romagnola. I quali si erano spostati di distanze che andavano dai 100 ai 150km. Non tanto distanti da sentire il peso dell’emigrazione come succedeva ai meridionali, ma comunque abbastanza da aver lasciato le proprie radici.

 

Ma oggi , la famiglia italiana ha deciso di accendere un mutuo. Col che , quando papa’ perde il lavoro, deve cercarne uno nuovo NELLE VICINANZE. E quindi, deve prendere quel poco che c’e’. A qualsiasi condizione.

Ma se questo e’ devastante per il singolo lavoratore, e’ devastante per l’impresa: se io apro un’impresa e mi servono 100 operai, o la apro in una zona densissima (un hinterland o una citta’), oppure posso trovare lavoratori SOLO nel raggio del pendolarismo: 50 km, o poco piu’. Un tempo, pescavo nei 150 km, anche 200. Le persone che vivevano in affitto erano disposte a traslocare in regione, con una certa falicita’. In piu’ c’erano i soliti emigrati dal meridione.

Ma oggi, chi ha gia’ un lavoro -la manovalanza esperta che mi serve- ha acceso un mutuo. Anche se oggi ne cerca un altro, o anche se io offrissi di piu’ , tanto da convincerlo a lasciare il vecchio lavoro, NON LO LASCIEREBBE PERCHE’ NON PUO’ MUOVERSI.

Cosi’, gia’ aprendo la mia impresa NON trovero’ alcun operaio esperto, se non quei pochi che possono vivere nel raggio di 50KM. Se consideriamo una densita’ della popolazione di 200 ab kmq, mi serve circa un operaio specializzato disoccupato ogni 16.000 persone. Se consideriamo una percentuale lavorante di circa 5000 persone, e una disoccupazione attorno al 7%, ho a disposizione circa 350 disoccupati per trovarci dentro 100 operai specializzati nel MIO preciso campo di applicazione. RIDICOLO: richiede che il 28% dei disoccupati siano tutti nello stesso settore!

Se invece moltiplichiamo la cifra per 4, allargandoci a 100km, gia’ abbiamo 1400 disoccupati.Che significa che il 7% dei disoccupati sono nello stesso settore. Se ci allarghiamo , diciamo a 150 km, beh, siamo ad un livello per cui , onde trovare i miei 100 operai, mi basta un 3% dei disoccupati provenienti dal mio settore. Ragionevolmente facile.

Cosi’, adesso mettiamoci nei panni di uno che voglia aprire un’azienda da 100 operai in Italia.

I giovani e’ meglio dimenticarli: chiunque sia piu’ intelligente di una scimmia si sta laureando, e non verra’ in fabbrica. Gli unici che trovero’ sono quelli che sono andati a lavorare perche’ hanno fallito OGNI possibile percorso scolastico: drogati, lavativi, ignoranti e stupidi.

Posso cercare tra quelli al secondo lavoro, che sono esperti e piu’ vecchi, quando ancora si studiava PER LAVORARE e non per NON lavorare: ma tutti questi hanno acceso un mutuo alla prima busta paga e non possono muoversi. Solo in alcuni interland molto densi ne trovero’ a sufficienza. Ma se anche ne trovassi, al loro pensionamento non avro’ rimpiazzi. Se non i famosi giovani drogati, lavativi, ignoranti e stupidi.

Ora, secondo voi apriro? No.

Questo e’ il punto: con sole DUE decisioni, DUE decisioni DEL POPOLO, il POPOLO (e non gli industriali, e non la finanza) ha decretato che nessuna impresa dia piu’ lavoro in Italia, se non di microscopiche proporzioni: non troverebbero il personale che cercano. 
Si, ci sono disoccupati, ma “disoccupato” non significa “persona adatta al lavoro che fa la mia azienda“.

Due sole decisioni: aprire un mutuo alla prima busta paga regolare e laureare qualsiasi ragazzo sia piu’ intelligente(1) di una scimmia, lasciando alle imprese solo la feccia. (2)

Come vedete, il popolo di potere ne ha, ECCOME.Ha distrutto l’economia italiana in due sole decisioni.Due.

Sicuramente gli industriali e i finanzieri sono caduti in piedi, finendo in Cina. Ma il disastro NON nasce da una LORO decisione. Nasce dalle decisioni del “POPOLO”.

Qualcuno dira’ che il popolo non sapeva , ed era compito del governo informarli. Aha. Cioe’, il popolo e’ ignorante.
Qualcun altro dira’ che il popolo non poteva capire, ed era compito del governo spiegare. Cioe’, il popolo e’ stupido.
Qualcun altro dira’ che il popolo non conosce bene le conseguenze globali delle azioni individuali. Cioe’, il popolo non ha autocoscienza.

In definitiva, sommando le tre cose, il famoso “popolo” cui vorreste dare ancora piu’ potere e’ una merda:  stiamo parlando di una versione stupida di un maiale, nessuna autocoscienza, nessuna capacita’ di scegliere gli obiettivi, nessuna capacita’ di scegliere i mezzi.

Questo e’ il popolo: un maiale , ma piu’ stupido. Purtroppo, un maiale che ha sin troppo potere.

Uriel.

(1) Prima che puntiate il dito su di me, vi informo che nella mia classe di scuole elementari (classe 1970) su 24 bambini, solo 2 oggi hanno una laurea. Se prendiamo il dato eurostat, la fascia di eta’ dai 25 ai 64 e’ dell’ 11%. Se andiamo dai 30 ai 34 siamo gia’ attorno al 15%. Se andiamo ai piu’ giovani, siamo attorno al 39% per i maschi e 41% per le donne. Quattro volte tanti.Avete interamente assorbito tra i laureati quelli che prima si diplomavano e cercavano lavoro. In pratica, al mondo del lavoro rimane solo l’abbandono scolastico.

(2) feccia che comunque, spessissimo rifiuta il lavoro in fabbrica, ritendendosi “a ben altro destino destinata”.

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