Consulenze strategiche.

Dopo aver menzionato la consulenza strategica nel mio post precedente, ho ricevuto via email e via commenti una quantita’ di domande impressionante, dovuta principalmente al fatto che la consulenza strategica non e’ un campo molto conosciuto. Ho notato che molti di voi la confondono con la fattibilita’ -che e’ consulenza tecnica tout-court – o addirittura con la fase di progetto. Cerchero’ di chiarire un pochino le cose.

La consulenza strategica e’, nel mondo della consulenza, la forma di consulenza piu’ pagata in assoluto. Questo e’ dovuto a diversi fattori. Vedro’ di elencarli in seguito, ma prima definiamo un attimo le cose. Io sono un consulente, e sono un consulente tecnico. Questo significa che, anche quando nella vita raggiungessi il livello di trusted advisor professionista, (qualcosa che molti di voi considerano “guru”) , non farei comunque consulenza strategica. Questo pero’ non significa che la consulenza strategica sia una consulenza necessariamente NON tecnica. Anzi, spesso e volentieri la consulenza strategica e’ un settore che fa uso intensivo di consulenti tecnici, e dei migliori. Appunto, trusted advisor.

Ma, attenzione: la differenza sta nel “che cosa supporto col mio lavoro”. In generale potremmo fare uno schema molto stupido e divulgativo, di questo genere.

Se la vostra consulenza serve a gestire i problemi di un ente gia’ in essere, problemi che possono essere enormi , per quanto il vostro lavoro sia complesso, state facendo consulenza tecnica. Oh, sia chiaro: niente di cui vergognarsi. Io non mi vergogno affatto di essere un consulente tecnico, anzi. Qui i redditi variano, diciamo che se lo fate bene dovreste stare sui 2000/2500 giorno fino a , se siete dei guru, “il cielo e’ il solo limite”.

(lasciamo perdere il mercato del lavoro italiano, ovviamente, che e’ un mercato delle vacche. Mi riferisco a paesi ove c’e’ mercato dei servizi, ove mercato e’ davvero “mercato”: equilibrio tra domanda ed offerta).

Un momento piu’ in alto della consulenza tecnica stretta c’e’ la fase di advisoring: essa comprende tutte le attivita’ di pianificazione di progetti che si e’ deciso di attuare, ma non sono ancora attuati. Valutare la  fattibilita’, le fasi, le competenze necessarie, le aziende da coinvolgere, sono “achievement”  tipici di questa fase. A volte, quando mi diverto, mi capita di fare advisoring. Se lo fate bene, dovreste stare almeno sui 5000/giorno. Ovviamente se siete a livello guru, il solo limite e’ il cielo. Non credo di esserci ancora.

La consulenza stratetegica e’ la fase che viene ancora prima: il supporto alla decisione.  In genere, e’ gente che sta sui 10.000/15.000 per giorno, ma il cielo e’ il solo limite. Non facendo consulenza strategica, non e’ il mio campo.

Possiamo vederla cosi’: se avete gia’ deciso di fare il ponte sullo stretto di Messina, siete alla fase di advisoring. Dovete fare la fattibilita’, le fasi, le competenze, eccetera. Ma avrete notato una cosa essenziale: ho nominato la fattibilita’ DOPO la fase di decisione. Allora voi vi chiederete: diamine, ma vuoi dire che le decisioni sono prese SENZA avere idea della fattibilita’ delle cose?

La risposta corretta e’: le decisioni devono SEMPRE tenere conto della possibile infattibilita’ delle cose. Devono elencare delle strategie di uscita che dicano “se ci fermiamo qui il ponte sullo stretto e’ ridotto ad una serie di pilastri in mare. Potremmo usarli come alberghi” . Se invece facciamo solo meta’ del ponte, possiamo sempre usarlo come pista per i dragster”, e cosi’ via.  Pero’, rimane un fatto: la fattibilita’ “tecnica”, quella dei tecnici, e’ un documento analitico. Al contrario, quello che arriva in una consulenza strategica e’ -di solito e con le dovute eccezioni- un documento figlio di un processo di sintesi.

In definitiva, quindi, la consulenza strategica si pone in questa ottica: il committente chiede al consulente se e in qualI modI (notate il plurale) avrebbe senso potenziare il collgamento viario tra Messina e Reggio Calabria. Il consulente prendera’ una serie di opzioni, del tipo “tunnel”, “ponte”, “ponte di barche”, “piu’ traghetti”, “idrovolanti”, “aliscafi”, “hoovercraft”, e li ordinera’ per “priorita’”.

Contrariamente a quanto si intende nel linguaggio comune, “priorita’” non indica l’urgenza di fare qualcosa o meno. Quella e’  detta  “deadline”, o “due date” , o altri modi fantasiosi a seconda del framework usato. Diciamo che il nostro consulente decida di “dare una priorita’ “. Uno dei metodi piu’ seguiti e’ il metodo “two on two”, o “two bin”. Si prende un criterio quantitativo tipo “costo”, un criterio qualitativo tipo “rischio” e si collocano le soluzioni in un grafico a due dimensioni. Uno dei quadranti conterra’ le soluzioni a minor costo e a basso rischio, che pertanto verranno dette “priorita’”.  Insomma, produce una serie di valutazioni bidimensionali, ove si considera sempre un criterio in senso quantitativo (numero di euro, numero di persone, etc) e uno qualitativo (alto-basso, pesante-leggero, etc). Se ne possono produrre un numero a piacimento.

Il risultato di questa valutazione e’ che “se vogliamo migliorare il trasporto viario tra Messina e Reggio Calabria, la prima priorita’ e’ costruire un ponte (improbabile, almeno un grafico two bin dice di no). Con un livello di “priorita’” minore c’e’ usare grossi hovercraft da trasporto (come quelli russi, per intenderci) , e via cosi’”.

A quel punto, quale delle cose e’ fattibile -attualmente, ovvero con le risorse a disposizione, nella situazione attuale e con gli agenti in gioco-  o meno? Lo si scoprira’ dopo: intanto ha le possibili alternative. Il nostro politico, che prende le decisioni, sa che esiste, con un rischio massimo di tot e il costo massimo di tot, la possibilita’ di aumentare il traffico viario tra Messina e Reggio Calabria. Ovviamente, ne conoscera’ (un altro grafico two bin) anche le priorita’ in termini di costo/beneficio , e uno in termini di rischio/beneficio.

Tutto questo non e’ progetto, e probabilmente il carteggio scomparira’ nelle fasi successive.

Perche’? Perche’ non e’ affatto scontato che esista, o che debba esistere. Se prendiamo per esempio un politico molto ideologico, per esempio, egli non ha bisogno di alcuna consulenza per prendere la decisione. Stalin non chiedeva consulenze(1): la religione comunista gli diceva cosa fare. AhmadiNejad non chiede consulenze strategiche: tutto quello che gli serve per prendere decisioni e’ il Corano. E questo spiega molte cose, direi : neanche Accenture (con molta LSD)  saprebbe vendere  quel libro come una strategia vincente.

Lo stesso vale con gli esempi positivi: se avete gia’ una visione, una ispirazione o una fede di vostro, o siete gia’ enormemente competenti, potete anche evitare la consulenza strategica. Jobs probabilmente non ne ha mai fatto uso, oppure se ne ha fatto uso l’ha fatto per “vediamo se mi sto scordando qualcosa, sentiamo un altro punto di vista”.

Che succede se il progetto si ferma? Ovviamente, si scorre la lista delle priorita’, e l’albero decisionale del risk management, e si sceglie l’opzione “in caso ci si fermi qui, uscite a destra al prossimo svincolo”. Allora non possiamo fare piu’ aliscafi? Bene, proviamo con gli hoovercraft, cosi’ ricicliamo i porticcioli che avevamo costruito.Neanche quelli? Proviamo con gli idrovolanti: costano di piu’, ma ancora una volta possiamo riciclare le zone di ammaraggio. Insomma, una gara a limitare i danni.

In termini di risk evaluation, si verifica spesso che dietro un rischio non si nasconda un’opportunita’. Se ci fermiamo sulla strada degli aliscafi , e dobbiamo seguire la via degli hoovercraft (2), il consulente strategico dira’ qualcosa come “occorre valutare la possibilita’ di partnership che diano all’industria italiana una expertise nel campo degli hoovercraft”.  Quindi, se si fallisce con gli aliscafi perche’ i no-aliscafo bloccano tutto, si andra’ a limitare la quantita’ di danni trasformando il rischio (di fallire con gli aliscafi) in opportunita’  (diventare i leader degli hoovercraft nel mediterraneo).

Cosi’, in fase di decisione, qualcuno andra’ dal politico (o da chi prende la decisione) a dargli un parere -in termini logici e specialmente sintetici– di quali siano le strade possibili, quali siano i rischi, quali siano le exit strategy se si fallisce, quali siano le opportunita’ legate ai rischi, quale sia il ritorno , quali siano gli impatti, eccetera. Il ritorno e gli impatti non sono necessariamente la stessa cosa: un porto puo’ avere un ritorno limitato per una regione, ma puo’ avere un forte impatto sul commercio tra nazioni.

Questa fase, pero’, e’ la fase di decisione. Si tratta cioe’ dell’ambito esclusivo e in un certo senso “privato” di chi prende la decisione. Egli puo’ -a seconda del suo “budget consulenti”- decidere di sentire una o piu’ aziende di consulenza: potra’ decidere di sentire solo McKinsey, o sentire ANCHE la campana di Arthur.D.Little, o aggiungervi anche le varie Bain & Company, Boston Consulting Group, Roland Berger, e cosi’ via. Dipende dal budget e da quante voci “indipendenti” si vogliano.

Come ho gia’ detto, non e’ detto che vi si ricorra: e’ un affare “privato” di chi prende le decisioni. Anche se poi ci sono delle evidenze che possono svelare se vi sia stata o meno, perche’ la consulenza strategica lascia, per cosi’ dire, delle impronte digitali. Fare il ponte sullo stretto, per dire, NON ha avuto a monte una consulenza strategica: e’ un progetto ad alto costo, e se per qualsiasi motivo si fermasse a meta’, non c’e’ modo di riciclare il gia’ fatto, i rischi sono, cioe’, tutti vivi. Nessuna societa’ di consulenza strategica consiglierebbe una cosa simile in condizioni normali. (3)

Perche’ i politici fanno uso di consulenze strategiche: perche’ per esempio una consulenza strategica ti permette di avere la risposta pronta in caso di domande scomode. Per esempio, immaginiamo una conferenza stampa ove si proponga di potenziare via aliscafi la Messina Reggio Calabria:

  • Politico: e cosi’, questo meraviglioso powerpoint che ho preso dal Sacro Graal mostra i grandi vantaggi che si otterrebbero usando il mio nuovo sistema di aliscafi.
  • Giornalista: signor Politico, ma che succede se per qualsiasi motivo il progetto si fermasse a meta’ perche’ aliscafi cosi’ non sono fattibili, o se avvenisse una tragedia e quindi non si potessero piu’ usare gli aliscafi?
  • Politico: grazie per la domanda.(4) In tal caso, abbiamo valutato di usare degli hoovercraft. Sono piu’ costosi , ma in compenso sono possibili partnership industriali interessanti.

Adesso immaginiamo che cosa succede SENZA il consulente strategico:

  • Politico: con questo meraviglioso ponte, che vi ho illustrato -e’ proprio dietro il culo di quel puttanone li’, dico, avete visto che roba?- avremo enormi vantaggi per la popolazione.
  • Giornalista: signor Politico, ma che succede se per qualsiasi motivo il ponte si ferma a meta’? Cosa fate dei pilastri, delle spese, eccetera?
  • Politico: per colpa sua, Al Qaeda distruggera’ la civilta’ occidentale e tua sorella sposera’ un negro! Terrorista! Comunista! Eretico! Vigile Urbano!

Dovete ammettere che forse e’ meglio poter dire “grazie per la domanda”.

Questi sono i “piccoli indizi” che suggeriscono a chi lavora come consulente che un politico NON ha fatto uso di consulenti strategici. Per esempio, mi e’ assolutamente chiaro che Obama non vada neanche al cesso senza averli consultati (e aver valutato cosi’ l’opportunita’ economica del farsela addosso nel corridoio), mentre Cameron faccia tutte  le sue scelte chiedendo consigli al suo gatto. E’ chiaro che Monti ne faccia un uso smisurato, mentre e’ altrettanto chiaro che ne’ Berlusconi ne’ Bersani ne abbiano mai fatto uso.

Nessuno e’ obbligato a chiedere l’ausilio di consulenti strategici. Mentre in ingegneria e’ obbligatoria la fase di advisoring (fattibilita’, costi, etc etc) , e ormai si fa sempre, mentre e’ quasi sempre necessaria nei grandi progetti anche la fase di consulenza post-realizzativa, la fase strategica e’ parte del processo di decisione, cioe’ di governo. Quindi, NON troverete MAI da nessuna parte la consulenza strategica che ha fatto partorire la decisione di fare la Tav. C’e’ stata? Direi di si: tantevvero che sono uscite diverse alternative, tra cui diversi percorsi possibili e un percorso “low cost”, quando si e’ visto che il tratto italiano della TAV stava ritardando.

Dopo aver chiarito l’uso corretto di questa roba,  adesso vediamone gli abusi. Esiste la condizione per la quale la consulenza strategica (e la consulenza in generale) producono solo fuffa. Quando succede questo? Succede quando, per esempio, si prende un completo incompetente e lo si mette al potere.

Quello che fara’ il nostro impostore, se decide di non prendere decisioni “a braccio”, e che fara’ un uso smodato di consulenti strategici. Si mormora, per dire, che Sarkozy sia una specie di pozzo dei desideri per chiunque faccia consulenza strategica in Francia.

Immaginate di avere al potere un politico totalmente incompetente. Cosi’ incompetente che ad un certo punto chiama una societa’ di consulenza strategica e chiede “sentite, ma tra Messina e Reggio Calabria conviene fare un ponte o un’autostrada? E se si’, quante aree di servizio posso metterci?”.

La societa’ di consulenza dapprima -almeno, quelle che offrono metriche misurabili ai potenziali clienti- cerchera’ di alzare il prezzo. Cioe’, vuole perdere il cliente. Questo funziona spesso nelle aziende private – ma non sempre! – mentre coi politici non funziona quasi mai.

Quando si renderanno conto che questa consulenza e’ dovuta, allora diranno “si, la facciamo, ma deve rimanere segreta la parcella e ci deve essere un NDA riguardo al nostro nome”. Insomma, ti diamo quel che vuoi, ma ci vergognamo un pochino.

Dopo qualche mese , arrivera’ una costosissima risposta: non si puo’ fare un’autostrada sullo stretto di Messina perche’ non esistono tecniche capaci di costruire autostrade sull’acqua. Parcella: 5 milioni di euro.

Tutto finisce qui, ma dopo quattro-cinque anni arriva , che so io, la Corte dei Conti. La quale dice: “cazzo che spreco! cinque milioni di euro per dire che non si puo’ asfaltare la superficie del mare!”. E giu’, tutti a dare dei ladri alla societa’ di consulenza.

In un certo senso e’ vero: nel senso che la parcella salatissima per una cosa simile appare incomprensibile. D’altro canto, il problema e’ ben a monte: se una societa’ privata paga 5 miliardi per sentirsi dire questo, prima o poi un’azienda che fa spending review segnalera’ la cosa, e il manager incompetente saltera’ col botto.

Se questo non succede tra i politici, tra i militari, tra gli amministratori del mondo statale (e anche in certe aziende, ad onor del vero) e’ perche’ l’azienda che ha chiesto la consulenza ha dei problemi. Ma fa piu’ comodo, MOLTO piu’ comodo, attribuire tutto al malvagio consulente.

Cosi’ e’ vero: troverete sicuramente quella volta in cui la societa’di consulenza strategica si e’ fatta pagare per  dare una risposta ovvia. Ma scoprirete anche, se andate a fondo, che nessuna persona sensata avrebbe chiesto un consiglio su una cosa simile: la risposta era ovvia perche’ la domanda era stupida.

Questo e’ vero in generale, in TUTTO il campo della consulenza: ci sono consulenti pagati cifre grandi per fare cose stupide. Questo avviene perche’ un manager incompetente ha deciso di non saper fare cose stupide senza avvalersi di un consulente.

Poiche’ il manager o il politico incompetente non vuole ammettere la propria incompetenza, deve affermare che solo il piu’ sopraffino dei consulenti possa risolvere il problema. Per quanto il problema fosse banale, anzi, PROPRIO PER NASCONDERNE LA BANALITA’, si chiama il maggior esperto sulla piazza.

Ovviamente, un pessimo cuoco puo’ chiamare Massimo Bottura a spiegargli come cucinare due uova fritte. Bottura si fara’ pagare il giusto, ma tutto quello che otterra’ saranno due uova fritte. A quel punto il pessimo cuoco tentera’ di dire che il problema fosse cosi’ complicato che ha dovuto chiamare Bottura per risolverlo. E poiche’ Bottura avra’ cura di chiamare “Homelettes a la Bottura” le uova fritte, il costo sara’ magari giustificato. (sino a quando ovviamente qualcuno non notera’ che si tratta di semplici uova fritte).

Cosi’, l’abuso di consulenza nasce normalmente da politici e manager incapaci di fare il proprio lavoro. Esiste per dire una polemica su McKinsey, che fu chiamata da Blair a chiedergli come riformare il proprio Cabinet Office. Ora, la risposta fu ovvia: “licenzia quelli che secondo te non lavorano bene”.

Voi direte: cazzo, milioni di sterline per dire questo? E’ ovvio: come riformare il Cabinet Office e’ esattamente il lavoro che spetta al primo ministro. Deve essere lui a farlo, a seconda della sua idea di governo, di gestione della cosa pubblica, di buon lavoro, di programma politico, di patto con gli elettori. Se chiama qualcun altro, si sentira’ dire “dopo aver letto la storia degli ultimi 300 anni dell’ Inghilterra, e’ compito di Blair rifare il Cabinet Office. Spetta proprio a lui valutare se esso si confa’ alla sua idea di governo, di gestione della cosa pubblica, di buon lavoro, di programma politico, di patto con gli elettori. Please find the invoice here. “

Questo fa di McKinsey una societa’ di ladri? Per Di Pietro forse si, ma se io fossi nella corte dei conti inglese (o nel Financial Times)  mi incazzerei di piu’ con Blair che chiede una consulenza per qualcosa che e’ suo compito personale fare, saper fare, saper come fare.

Chiaramente alla societa’ di consulenza non dispiace incassare dei soldi per un lavoro “rilassante”. Non e’ mio interesse fare l’avvocato di McKinsey, (io sono un consulente tecnico, non strategico) ma la domanda che viene spontanea e’ “who is in charge?”. Chi risponde dei soldi spesi? Se voi domani spendete tutto lo stipendio in cappottini per cani senza avere un cane, la colpa e’ del negozio di articoli per cane? Chi risponde al contribuente  dei soldi del contribuente? Blair o McKinsey?

Questo e’, a mio avviso, il punto. Anche a me e’ capitato di fare consulenze per problemi banali, o per mettere a posto situazioni ove qualcun altro stava cercando “la patch che fissa la regression”. la ragione per la quale ero li’ a fare cose banali tipo verificare header http era che ne’ il “Project Manager” ne’ il “Manager”, ne’ il “Tecnical Lead” di per se’ sapevano di preciso che diavolo fosse una Post SOAP. Adesso tra qualche tempo qualcuno mi accusera’ di essere costato 2000 euro al giorno piu’ vitto ed alloggio per leggere a qualcuno l’ RFC2616. Ma la domanda rimane quella: che diavolo ci faceva , con un budget in mano  , una manica di incompetenti del genere su quel progetto?

La risposta e’: come tanti italiani, avevano trovato un posto ove svernare nell’ IT, al solo patto di saper usare Excel e Outlook, mettersi una cravatta, parlare un idioma da pizzaiolo di brooklin. Qualcun altro,  altrettanto incapace di valutare le loro capacita’, ha dato loro un budget. LORO hanno fatto venire un architetto di sistemi a spiegare ai loro sviluppatori il significato di “Content-Lenght”. Ovviamente, l’architetto si guarda bene dal fare beneficenza agli idioti: sono troppi, ed e’ bene non viziarli.

Ecco, una breve carrellata sul mondo della consulenza-enza, quando (perche’ capita -troppo- spesso in Italia) non viene confusa col body rental.

Uriel

(1) Solo un pirla distrugge la propria classe dirigente economica e finanziaria, anche a prescindere dal problema umanitario.

(2) Non -teoricamente- infattibile: i russi di Hovercraft ne hanno costruiti da trasporto, grandi 130 metri (qui una versione militare):

1(3) Qualcuno mi dira’ che questo e’ vero anche per tutti gli altri ponti lunghissimi fatti dall’uomo: se l’opera si ferma a meta’ il fallimento e’ completo. Verissimo. Per questa ragione, fare un ponte del genere e’ una “priorita’” soltanto se ci sono fatti enormi, chiari, evidenti, che i vantaggi siano enormi rispetto ai costi.

(4) Traduzione: grazie per la domanda = erano proprio soldi spesi bene, quel cazzo di consulente strategico.

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