Che spreco di sprechi.

Mi dicono che parlo molto di finanza e politica, mentre prima no. Questo e’ vero: ma essendo andato via dall’ Italia, quello che ho oggi non e’ un contatto “vero” col paese. Non ci lavoro piu’, ed essenzialmente ne ho perso il contatto. Cosi’ posso parlare di quel che leggo. Certo potrei parlare della realta’ tedesca, ma sarei inevitabilmente “poco profondo”, visto che ci vivo da poco. Cosi’ continuo a parlare di cose che magari interessano ad italiani. Magari un giorno iniziero’ a parlare a lettori tedeschi, chissa’.

Una delle cose buffe che vedo, per esempio, e’ un governo che non riesce a fare quel che vorrebbe perche’ non ha dati. Lo so che si tratta di un’affermazione che appare “deformazione professionale”, ma tant’e’. Mano a mano che il governo va avanti con le sue proposte, quello che otteniamo e’ una rivelazione impressionante.

Voglio dire, supponiamo che un governo abbia delle basi di dati. Cosi’, se diciamo “mettiamo una tassa sulle mutande gialle” otteniamo che da qualche parte debba esserci un database delle mutande gialle. Se il governo non sa quante mutande gialle ci siano, che cosa puo’ fare? Puo’ chiedere alle aziende che producono mutande di tassare quelle gialle, ma sta solo SPOSTANDO il database: anziche’ tenerlo lui, lo tengono i produttori.

Ma il concetto e’ che ad ogni provvedimento riguardante X, DEVE corrispondere un database aggiornato su X.

Voglio dire, immaginate che non esista il catasto: in che modo mettereste una tassa sulle case? Certo il governo potrebbe emanare un editto, come si faceva un tempo, e poi mandare i funzionari a riscuotere casa per casa. Questo era quello che si faceva un tempo.

MA questo era cio’ che falliva un tempo, perche’ il funzionario si trovava nell’impossibilita’ di stabilire a chi appartenesse una seconda casa. Posto che nessuno rispondeva al bussare , e posto che non esistevano anagrafi delle case (catasto), tutto era impossibile. Quindi si tassava per censo, e si piazzava una placca sulla porta di casa: per avere quella placca dovevate pagare una tassa, e senza la placca la casa era requisita.

Come impedivano che si falsificassero le placche? Eh, bella domanda. Con la pena di morte, essenzialmente. Ma questo non toglieva che alla fine lavorare senza database non e’ cosi’ facile per un governo.

Adesso prendiamo un tema: la patrimoniale. Il governo e’ stato rimproverato di non aver piazzato una tassa patrimoniale , ma la risposta di Monti e’ stata terrificante. E cioe’: i patrimoni non sono censiti. Il che e’ corretto, perche’ effettivamente NON ESISTE un vero e proprio database dei patrimoni. Non sappiamo chi possieda cose: se prendiamo le barche , per esempio, tutto quello che possiamo fare e’ sapere dove attraccano, a volte possiamo sapere di chi sono , a seconda di bandiera e registro nazionale, ma se domani dicessimo “da oggi i possessori di barche pagano una tassa di tot mila euro perche’ sono ricchi”, tutto quello che otterrete e’ che le barche si muoveranno verso le coste della ex jugoslavia, sverneranno nei porti di Corsica, Francia, Croazia, Albania, Grecia, e il costo di un volo che ti porti dalla tua barca sara’ sempre inferiore alla vostra tassa.

Lo stesso dicasi di patrimoni immobilizzati mediante titoli finanziari od altre speculazioni: se e’ vero che sono registrate, non e’ del tutto vero che siano registrate tutte allo stesso modo e tutte nello stesso posto. Cosi’, anche se volessimo mettere una tassa, non e’ del tutto vero che sia possibile sapere chi tassare.

Prendiamo per esempio la Germania. Prima alcuni tributi erano legati al lander (anzi, a dire il vero anche oggi) e alcuni al borgomastro. Il risultato era che essendo il cittadino classificato per classi di reddito (1) , quello che faceva era di lavorare in un posto e vivere in un altro, dal momento che Duisburg ha meno tasse di Duesseldorf, per dire: un idraulico apre l’azienda a Duisburg e poi vende a Dusseldorf che e’ poco distante.

Cosi’, qualche anno fa e’ iniziato un progetto che consiste nel mettere in rete TUTTI i dati. Questo non e’ un progetto semplice, perche’:

  • Bisogna unire sistemi di ogni razza e genere (unix, AS400, microsoft, siemens, etc) .
  • Bisogna unire formati di dati di ogni razza e genere.
  • Bisogna garantire che siano sempre e comunque online.

Fatto questo (l’operazione e’ durata quasi otto anni, la NRW che essendo molto ricca e popolosa ci ha messo di piu’ finira’ per ultima con il Finanzamt , nel 2013) , ogni singolo pezzo di dato dello stato e del vostro stato patrimoniale (catasto, classe fiscale, classe di reddito, automobili, stato familiare, etc etc) diventeranno interoperabili. Niente falsi invalidi, insomma.

Cosi’ il punto e’: se il governo tedesco vorra’ controllare che tutti i possessori di due case le affittino o meno, dovra’ confrontare i dati fiscali di chi scarica l’affitto (come me) e quelli del mio padrone di casa.

Il problema e’: come puo’ farlo un governo che NON ha un simile accesso ai dati?

E’ fondamentale, se pensiamo per esempio di “tagliare gli sprechi”. Mettiamo pure che il governo faccia una legge che dice “tagliamo gli sprechi”. Aha. Bene: tu sei a roma e sai cosa sia “uno spreco”. Ma adesso hai una nazione con 3.600.000 dipendenti pubblici, e devi trovare gli sprechi.

Problema: esiste un database unico delle spese dei singoli dipendenti?

La risposta e’ che no, non esiste. E non solo: non esiste nemmeno un database unico degli ENTI. Certo, prima o poi da qualche parte in Italia c’e’ un tizio che sa dell’esistenza di un ente e che gli fa avere la sua fetta. Ma DA ROMA non lo sanno.

Quando a Calderoli fu chiesto di abbattere gli enti inutili, se ne torno’ dopo mesi e mesi e mesi con una lista enorme di enti, che per la sua stessa complessita’ fu facile esploitare e rendere inutilizzabile. E questo perche’ se ROMA non sa che diamine faccia un ente, un parlamentare “interessato” puo’ sempre dire “ehi, ma questo e’ un ente a favore dei bambini ciechi e storpi e negri: non vorrete mica lasciarlo senza!”. A quel punto il governo dovrebbe investigare sul lavoro del singolo ente, e da Roma tutto questo e’ letteralmente impossibile..

A meno che non si metta ogni cosa in rete, appunto.

Qui vedete sui giornali il continuo fallimento della lotta all’evasione fiscale. Essa, anche quando canta vittoria, e’ basata sul controllo della GdF. Ma adesso riflettiamoci: un’attivita’ che evade sei milioni di euro in un anno, puo’ davvero essere identica ad una che NON li evade?

Voglio dire: se io esamino il bilancio di un negozio che fa 600.000 euro/anno, e di uno che fa 6.600.000 anno, vedo le stesse cose? Vedo le stesse bollette dell’energia? Vedo lo stesso numero di automobili, lo stesso tipo di casa del titolare, lo stesso tipo di automobile, lo stesso traffico telefonico, eccetera? La risposta e’ NO

L’operazione di cui sto parlando si chiama “data mining”. Si tratta di passare in rassegna una grande quantita’ di dati per tirar fuori il dato implausibile, del tipo “pensionato con la minima, possiede 24 ferrari”.  Eppure, quando sentiamo di tali incredibili scoperte, scopriamo sempre quello che si legge sui giornali, ovvero che si e’ dovuto mandare un agente a scoprire la mancanza di scontrini. Il che e’ assurdo: significa che al tuo dato economico manca la possibilita’ di distinguere tra un negoziante da 600.000 euro e uno da 6.600.000 euro.

Cosi’ torniamo al punto di sopra: perche’ il governo italiano colpisce SEMPRE gli stessi cittadini?

PERCHE’ SONO GLI UNICI SU CUI HA I DATI CHE SERVONO.

La cosiddetta “spending review”, per dire, in Italia rimarra’ un miraggio. Innanzitutto perche’ ci sono regioni che usano metodi e criteri di bilancio che sono praticamente diversi dalle altre. Voglio dire, che per classificare le spese occorre per prima cosa classificare gli acquisti e i fornitori.

Per esempio, comprare “mele” e’ diverso da comprare “frutta”. Cosi’, come confrontate una regione che compra “frutta” a 10 euro/chilo e una che compra “mele”? Occorre quindi che ci sia un codice per ogni tipologia: mele sara’ “000000AP” mentre frutta sara’ per dire “000000FR”. Cosi’, un software puo’ facilmente comparare le due cose

Ma allo stesso modo, le mele costano una cifra se le compri da un fornitore, diciamo un grossista di frutta, o da un supermercato. Magari il grossista fa prezzi migliori. Quindi, il punto e’ che una regione potrebbe non avere un grossista di frutta a tiro. Questo, pero’, al passaggio per il software di review, deve produrre un allarme.

Poi ovviamente c’e’ l’acquirente: se una scuola, che ha la mensa scolastica, compra frutta, e’ del tutto normale. Se un ente che si occupa di bonifiche compra frutta, probabilmente finisce nelle case dei dirigenti. Dunque, occorre una classificazione degli enti.

Per fare questo dovrete definire alcuni standard, in un cosiddetto framework:

  • Una nomenclatura unica e precisa per le cose.
  • Una nomenclatura unica e precisa per i fornitori.
  • Una nomenclatura unica e precisa per gli enti.
  • Una nomenclatura unica e precisa per i tipi di ente.

Detto questo, c’e’ solo un problema: un database unico di questi dati in Italia NON C’E’.

Ma dobbiamo andare avanti: tra gli sprechi non ci sono solo le voci “spending”. Voglio dire: una scuola con 13 allievi che compra la stessa quantita’ di frutta di una scuola con 250 non torna molto. Cosi’ avete bisogno di alcuni KPI, Key Process Indicator. “La tale scuola ogni giorno serve tot pasti a tot alunni” e’ appunto un KPI.

In questo modo, potrete confrontare i consumi/costi con i servizi offerti. Occorrera’ quindi , ente per ente, un database unico per i KPI. Essi devono essere classificati per:

  • Classificazione di KPI: se fornisco servizi di trasporto pubblico o mense per bambini.
  • Metrica del KPI: a quanta gente la fornisco.
  • Qualita’ del KPI: in quanto tempo fornisco. Intendo dire che un solo giorno di mensa per 1000 bambini e dieci giorni per 100 sono cose diverse, cambiera’ il rapporto di scala.

Detto questo, c’e’ solo un problema: un database unico di questi dati in Italia NON C’E’.

Fatto questo, c’e’ un problema: possiamo anche accettare che una regione che fornisce tutti i servizi di certificazione in , diciamo, tre giorni spenda piu’ di una regione che ci mette tre mesi per un certificato. Assumiamo che le spese di IT possano essere maggiori.

Quando una amministrazione che produce un certificato cartaceo spende in IT, quasi certamente e’ un favore ad un amico. Ma se una che fa il certificato cartaceo in due giorni e’ giustificabile, quando si comprano 20 nuovi computer per una amministrazione che impiega 4 mesi a stampare un foglio, sappiamo che i computer finiranno a casa dei dirigenti.

Cosi’ ,  siamo al problema dell’ SLA. Service Level Agreement. Per fare spending review occorre accettare che una regione efficiente spenda leggermente di piu’ di una regione meno efficiente. Ma per fare questo occorre che si alzi una bandierina sotto un certo livello di efficienza.

Supponiamo di fare un auditing di mense scolastiche, per intenderci. Ci muoveremo circa cosi’:

  • Confrontiamo quanto spende ogni mensa per bambino. Questo ci espone pero’ al rischio di penalizzare scuole con alto livello di qualita’ del cibo, con pochi bambini, con bambini che hanno problemi (glutine, allergie, etc).
  • Allora andiamo a vedere i KPI e vediamo che ci sono dei processi che dicono qualcosa come “gestione dei bambini con allergie al glutine”, “certificazione allergenica” , “certificazioni di qualita’” , “cibo bio” e cosi’ via. Ma siamo ancora esposti ad un rischio: le scuole piu’ efficienti avranno gestioni piu’ flessibili, per esempio che permettano per esempio la prenotazione col cellulare, o che usano meno persone per lo stesso lavoro.
  • Allora verifichiamo gli SLA: circa tre volte l’anno la scuola chiude la mensa perche’ ha pianificato male le riserve, o ha problemi di personale,  violando il “contratto” di fornire un pasto al giorno. Oppure sono trenta. Oppure non riesce a seguire la pianificazione offerta ai genitori. Qui ne inficia la qualita’ del servizio. Misurare quante volte uscite di SLA serve a questo.

Se non andiamo a classificare in questo modo KPI, SLA e le metriche di spesa, in generale la nostra spending review colpira’ a casaccio, peggiorera’ i servizi, togliera’ soldi a chi non lo merita e li dara’ a chi li merita.

Detto questo, c’e’ solo un problema: un database unico di questi dati in Italia NON C’E’.

Allo stesso modo, supponiamo di voler colpire gli uffici pubblici meno efficienti.

  • Prima abbiamo la classificazione. Diciamo “anagrafe”.
  • Poi abbiamo i KPI: serviamo cinque milioni di persone in maniera diversa da cinquanta. Cosi’ dobbiamo innanzitutto contare quante richieste serviamo di preciso.
  • Poi abbiamo gli SLA: ci impegnamo a terminare ogni procedimento in meno di tre giorni. Quante volte sforiamo?

Il risultato di questo incrocio dei dati ci permettera’  di capire quali siano le amministrazioni migliori: non ha senso togliere soldi ad un’amministrazione che magari ne spende 1.3 volte di piu’, ma serve 2 volte piu’ persone, o le serve 2 volte piu’ in fretta, o in maniera piu’ accurata.

Fare questo e’ possibile, perche’ esistono framework, ERP e sistemi di TTS che permettono valutazioni simili. Ma occorre una base dati comune ed una infrastruttura che si proponga di misurare, classificare, ma abbiamo ancora un buco. Ovvero il metodo.

Supponiamo che si parli di anagrafe. Una delle nostre amministrazioni ha una gestione basata sulla tradizione orale sciamanica, e per avere una carta di identita’ andate nel bar e vi chiedono “di chi sei figlio?”. Un’altra amministrazione invece ha la risposta premendo un tasto. Una terza deve prendere una richiesta in tripla copia, mandarne una a dorso di mulo a Canicatti’, dove viene vidimata . Capite che di fronte a processi molto diversi, cioe’ ad organizzazioni diverse, possiamo avere spese ed efficienze diverse.

Quindi, occorrera’ una opera ulteriore: la standardizzazione dei processi. Se per avere una carta di identita’ occorre un certo numero di passaggi, occorre che ci sia UN processo definito, il quale processo sia confrontabile con gli altri. Non ha senso confrontare processi diversi, anche se il risultato e’ identico.

E cosi’ occorre definire chiaramente UN solo processo unico per avere un documento/certificato, classificarlo, dargli un nome, e solo a quel punto, unitamente a quanto detto, potremo fare spending review seriamente. Occorre quindi un database di processi.

Detto questo, c’e’ solo un problema: un database unico di questi dati in Italia NON C’E’.

Quindi, mi spiace, ma chi parla di “fare spending review” si riferisce al mondo corporate, dove questi dati ESISTONO. Qualcuno sa quanto spende la mia unita’ per fare cosa, e se si spende troppo si alza una lucina rossa nel suo bilancio.

Ma se per prima cosa non c’e’:

  • Design  e classificazione dei processi.
  • Classificazione dei KPI, cioe’ della quantita’ /qualita’ del lavoro fatto.
  • Definizione degli SLA, cioe’ dei livelli di servizio, che permette di sapere quante volte si sfora.
  • Classificazione delle fonti di spesa, dei tipi di spesa, dei fornitori e degli enti.

Di fare “spending review” da Roma ve lo sognate.

Potete solo tagliare il budget agli enti, cosa che portera’ gli enti a fornire meno servizi e tenere le stesse inefficienze. Per essere certi che gli enti eroghino lo stesso servizio con meno budget, infatti, occorrerebbe definire, assegnare e misurare lo SLA.

Ma non si fa niente del genere.

Per cui, il discorso e’ semplice: NON E’ FATTIBILE la spending review. Potete tagliare gli sprechi evidenti, ma il CIP ( http://en.wikipedia.org/wiki/Continual_improvement_process ) e la “Spending Review” ve la sognate.

Sono solo paroloni che i ‘tecnici” stanno usando per supercazzolarvi: non e’ fattibile allo stato attuale.

Uriel Fanelli 28 aprile 2012

(1) Se siete in classe sei, la piu’ terribile, pagate anche il 48% di tasse per la persona fisica. Dovete essere single e ricchi e possessori di casa. Se siete in classe tre , meno del 20%: se avete figli e un coniuge a carico, per dire.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *